mercoledì 11 aprile 2007

Fernandel e Don Camillo

Mi direte: cosa centra Don Camillo? Come vi ho dimostrato nei giorni scorsi centra, centra con il tango. Innanzitutto perchè Fernandel ha cantato un bellissimo tango. E perchè Parma non è formata solo dalla città ma anche dalla sua provincia. Brescello, paesino di fianco al Po, è espressione più viva di questa realttà locale raccontata magistralmente da Guareschi nei suoi tratti sanguigni e passionali. Proprio quei tratti che forse ora ci fanno vivere più appassionatamente questo ballo.

Don Camillo, mon amour!

Quando, da bambino, ho cominciato a leggere e ad appassionarmi a "Don Camillo" (pubblicato nel 1948), i due protagonisti già avevano una fisionomia definita: quella di Fernandel e Gino Cervi.

Quei volti mi hanno accompagnato negli altri racconti (Don Camillo e il suo gregge – 1953 - , Il compagno Don Camillo – 1963-), per diventare poi i grandi assenti con la lettura del "Don Camillo e i giovani d’oggi", uscito postumo nel 1969.

Ebbene si…..quelle due figure sono state il filo conduttore che hanno resa più viva la mia fantasia, sin da quel primo raccontino ("peccato confessato") pubblicato, nell’antivigilia del natale 1946, sul "Candido", un celebre settimanale umoristico dell’epoca, curato fra gli altri proprio da Guareschi.

Magia del cinema !!! eh si…perché, per chiunque, Don Camillo è Fernandel, una macchina di muscoli pronta a sventolar panche, un parroco di campagna sanguigno in cui "esplodono" quotidianamente l’energia, il buon cuore, una fede semplice e viva, l’ironia e la saggezza che nascono dalla coscienza della forza, dei limiti e dei pregi propri e del "mondo piccolo" che circonda il sacerdote e il sindaco Peppone.

Questa "esplosione" contagia l’amico/nemico/compagno di sempre, quel Peppone gran lavoratore e padre di famiglia, altra macchina di muscoli guidata dalla passione politica e dal cuore, abituato a "masticare amaro" per le trovate di Don Camillo e lesto comunque nel contraccambiarle…magistralmente interpretato da Gino Cervi.

Una sfida continua, unita ad una stima reciproca, insomma….cui fa da sfondo quel "mondo piccolo" che interagisce con i protagonisti….e cioè la "bassa", con quei personaggi pittoreschi e caratteristici che vivono "in quella fetta di pianura che sta fra il Po e l’Appennino" (per poi concedersi una "deviazione" fino in Russia…) …

Ed ecco che cinque bellissimi film (Don Camillo –1952-, Il ritorno di Don Camillo –1953-, Don Camillo e l’Onorevole Peppone –1955- , Don Camillo monsignore…. ma non troppo –1961-, Il compagno Don Camillo –1965-) ci aiutano nella comprensione delle opere di Guareschi, arricchendo e rendendo ancor più vivace l’immaginazione del lettore.

Mi perdonino, poiché li trascuro, Terence Hill, per quel remake del 1983..e soprattutto Gastone Moschin e Lionel Stander, per quel godibile "Don Camillo e i giovani d’oggi" del 1972…un film tutto sommato ben riuscito, ma che ha avuto il solo "torto" di doversi confrontare con un passato ingombrante….non dimentichiamo poi che quello doveva essere il 6° film della coppia Fernandel/Gino Cervi….rimasto purtroppo incompiuto, a poche scene dalla fine della realizzazione, per l’improvvisa malattia e morte dell’attore francese.

Mi perdonino, dicevo…..ma solo quella coppia incarna l’idea che noi abbiamo di Peppone e don Camillo….così come Brescello accompagna le nostre letture….quel paese scelto nei primi anni cinquanta per ambientare e per raccontarci quelle fiabe….quel paese che ci ha accompagnato nella nostra mente con la chiesa, la stazione, la campagna, la piazza affollata per i comizi…..tutto quel "mondo piccolo" che ci ha mostrato il cambiamento dell’Italia…dai ricordi delle guerra appena finita alla ricostruzione, all’alluvione, al boom economico, la guerra fredda e la distensione…..con quella fiducia profonda negli ideali, religiosi e politici, popolari ma mai demagogici, perché reali e concreti, fatti di lavoro e di terra, di voglia di festa e di passione….con confronti fra realtà diverse, a volte aspri, ma ricchi di fermenti e passioni…sinceri e genuini.

Una genuinità che esalta il rapporto fra Don Camillo e Peppone, che nel susseguirsi dei film sarà sempre più al centro dell’attenzione dei vari registi, mentre sullo sfondo si intrecciano piccole storie tipiche di quel "mondo piccolo" (chi non ricorda un giovane Franco Interlenghi …Mariolino della "bruciata" calciatore nella partita fra le squadre "del prete" e "di Peppone"…innamorato della "Gina dei Filotti", in una sorta di Romeo e Giulietta ?..)…

....e pazienza se nel quarto film della serie Carmine Gallone si prende la libertà di presentarci un don Camillo che è diventato monsignore a Roma e un Peppone senatore in un film un po’ nostalgico ma veramente spassoso…. Comencini ci ricondurrà sui binari tradizionali, con un Peppone che suo malgrado dovrà condurre Don Camillo in Russia…con un finale difforme dal libro ma decisamente strepitoso…un Gino Cervi che sembra proprio aver "la faccia da prete", senza baffi e travestito per poter partire con Don Camillo in America.

Questa è proprio quella che definisco la "grande magia": due attori così prorompenti e "veri" sono il filo conduttore nelle mie letture….anche dove il finale di un racconto è diverso da quanto proiettato su uno schermo….io li vedo, noi li vediamo muoversi sulle pagine del libro…..sembra incredibile, eppure sono lì…

…e con loro l’altro grande protagonista di questi film e letture: il Cristo crocifisso, con quella voce che Guareschi definì "la voce della mia coscienza" "perché chi parla nelle mie storie non è il Cristo, ma il mio Cristo" "roba mia personale, affari interni miei"….. affari che però hanno coinvolto più di una generazione, diventandone specchio e coscienza.

E per concludere, mi piace citare le scene finali di "Don Camillo e l’Onorevole Peppone", sintesi di tutto quanto detto….Peppone insegue in bici Don Camillo, arranca, lo affianca, lo supera..e poi avviene il reciproco…e ancora il reciproco….sudando, ma col sorriso sulle labbra….qui c’è tutto il segreto del successo dei personaggi: si confrontano, anche aspramente, e lottano….ma si stimano e "si aspettano per percorrere assieme il lungo cammino della vita".

Stefano Vanoli

tratto da http://www.centraldocinema.it/Recensioni/Feb03/don_camillo.htm

4 commenti:

Alessio ha detto...

Dunque. E dico: dunque. Alcune piccole precisazioni. Perché noi parmigiani siam pesanti e pure orgogliosi e pure autoreferenziali. Ma così siamo. Quindi puntualizzo.
Brescello con Peppone e Don Camillo c'entra come la polenta con Palermo. Nl senso che i nostri amatissimi/odiatissimi cugini reggiani, che quanto a intraprendenza non li batte nessuno, hanno costruito un paese a immagine e somiglianza di pepponedoncamillo ben sapendo che con la provincia di Reggio Emilia i due personaggi Guareschiani non hanno NULLA A CHE VEDERE. Solo che i celebri film furono lì ambientati per esigenze cinematografiche, ma tutti sanno che... Il Burégh gros (il borgo grosso) dei racconti di Guareschi è FIDENZA (un tempo Borgo San Donnino). I paesi intorno cui ruotano le vicende di Peppone e Don Camillo sono quelli tra Fidenza e Busseto. A brescello, tanto per capirci, Don Camillo avrebbe dette "dimondi", non "a bota". Non so se mi sono spiegato. Comunque mio padre, che è nato a Frescarolo di Busseto, andava a scuola alle elementari con la figlia di Guareschi (ebbene sì, la pasionaria) e io dalla mia nonna Adalgisa in campagna sono venuto su a pane, lambrusco e racconti di Guareschi. Quindi il primo che mi contesta su queste cose gli pianto una manata sul coppino tipo quelle di Peppone (o di Don Camillo, ch'è lo stesso). Che noi parmigiani siam precisini... :-)

aurora ha detto...

Grazie per le precisazioni Ale!
Ma allora tu sei un parmense e non un parmigiano? Come si distinguono le due categorie?

Alessio ha detto...

La dizione "parmense" è di lingua italiana e non esiste nel nostro dialetto. Se sei di Parma città sei un "pramzàn", un parmigiano. Se sei della provincia, cioè non sei nato e non vivi in città, sei un "paisanèt", un paesano, un campagnolo...

Pietro ha detto...

Alessio, hai ragione: "parmense", in dialetto, non esiste.
Ma, se mi dai ancora del "paisanèt", per te saranno "spasadas" a go-go! :-)))