sabato 24 marzo 2007

Padre Lino

Quando sono arrivata in questa città per la prima volta, dopo qualche giorno ho iniziato a sentir parlare i parmigiani di Padre Lino: mi ero fatta l'idea che fosse un parroco di quartiere particolarmente amato.
Con mia profonda sorpresa, solo dopo qualche tempo ho scoperto che si trattava di un personaggio morto da tempo, ma che rimaneva vivo e presente nella vita quotidiana della città e dei suoi cittadini.
Penso che parlare di lui in questo blog aiuti a capire anche un pò il cuore di questa città. Perchè alla fin fine, non siamo solo ballerini di tango, ma persone che amano approfondire tanti contesti della loro vita. E la città in cui viviamo, che tanto ci dà, merita anche qualcosa in cambio. Per esempio, che si racconti di lei e delle persone che l'hanno creata per quello che è, dei sapori che la conpongono e dei profumi che la addolciscono.
Padre Lino
Biografia
Non era nato a Parma, eppure, forse mai nessuno come lui seppe conoscere l'animo dei parmigiani.
Entrava nelle case di tutti e da tutti riceveva confidenza: non era colto e godeva l'amicizia dei letterati; era povero ed era chiamato nelle case dei ricchi: per i poveri era un fratello, per i disperati una speranza.
Vi fu chi non capì il suo modo di agire, perché aveva qualcosa che lo distingueva dagli altri: la Carità. Una Carità sempre serena e festosa, che lo rese profeta e precursore di tempi nuovi.
Figlio di un funzionario statale dell'Impero Austro-Ungarico, il piccolo Alpinolo era nato a Spalato il 30 agosto 1866. Portava un nome francese: Maupas, perché il padre Giovanni discendeva da una nobile famiglia francese trapiantata in Dalmazia dall'occupazione napoleonica, ma si sentiva profondamente italiano. Sua madre, Rosa Marini, di Avezzano in Abruzzo, era stata attrice di talento e gli trasmise la gioia di vivere, la ricchezza interiore, l'amore per tutte le creature e la capacità di vedere il bene che si nasconde in ogni persona.
Compiuto il noviziato presso i Francescani di Capodistria, nel 1882 aveva vestito il saio, ma quattro anni dopo, terminati gli studi, per l'opposizione dei superiori a causa dei suoi sentimenti italiani, aveva lasciato il convento ed era tornato in famiglia. Arruolatosi nella Guardia di Finanza, ebbe un periodo di sbandamento che doveva lasciare nel suo animo le stimmate dell'amarezza, ma anche la comprensione per ogni forma di smarrimento.
Nel 1888, grazie al sostegno dello zio, Mons. Pietro Doimo, arcivescovo di Zara chiese di rientrare nell'ordine di San Francesco col nome di Frate Lino e, ripetuto il Noviziato, questa volta in Italia, nel convento di Fucecchio, in Toscana, veniva consacrato sacerdote a Rimini il 30 novembre del 1890. Si preparava alla missione in Albania, ma l'aggravarsi di un disturbo alla vista lo costringeva ad un intervento a Bologna e ad una lunga convalescenza.
Da qui, come guidato da una misteriosa mano, Padre Lino, dopo quasi due anni di permanenza nel convento di Cortemaggiore, il 18 giugno 1893 giunse ventisettenne nella città emiliana dove sarebbe rimasto per tutta la vita.
Parma, perduti i fasti e gli splendori di capitale del piccolo ducato padano, con l'Unità d'Italia era divenuta una semplice provincia del Regno, città fra le più agitate da contrasti sociali ed economici e fra le più afflitte dalla miseria dei suoi rioni popolari, regno dei pidocchi e della tubercolosi, della fame e della malavita.
Padre Lino giunse nella Parrocchia dell'Annunziata, situata al centro della zona povera dell'Oltretorrente, con l'incarico di Cappellano. Egli diventò in pochi anni, pur modesto e schivo, la figura più popolare della città.
Francescano autentico, era mosso da una immensa carità che lo spingeva quotidianamente al soccorso dei fratelli più bisognosi. Iniziò così la sua meticolosa, costante opera di ricerca, di accostamento dei poveri, degli ignoranti, dei bimbi, di chi era uscito dalle leggi del vivere civile.
Nominato cappellano del Carcere di San Francesco e quindi del Riformatorio minorile della certosa, si prodigò a favore dei bisognosi e dei disperati, rinunciando al cibo e al sonno per i suoi poveri e conducendo una vita che lo avrebbe ben presto portato ad una vecchiaia precoce.
Muore presso il Pastificio Barilla il 14 maggio 1924 mentre chiede la suo amico e benefattore Riccardo Barilla l'assunzione per un giovane disoccupato.
Il 25 luglio 1942 ha inizio presso la Curia vescovile di Parma il processo di beatificazione di Padre Lino, che nell'aprile 1999 viene dichiarato Venerabile.
Padre Lino e i bambini
Padre Lino amava profondamente i bambini e i giovani, e si adoperò in tutti i modi per accoglierli ed indirizzarli, memore della grande lezione evangelica. Nessuno potrà mai dire con esattezza quanti furono i bambini da lui raccolti per
strada o nei tuguri delle case: bambini appena nati, avvolti in luridi cenci, affamati, con la bocca sporca di latte. L'ultimo latte che la mamma aveva loro dato prima di abbandonarli.
Le pagine più belle della sua vita sono legate a storie di piccole creature innocenti.
"Una notte d'inverno una detenuta aveva appena partorito. Il freddo mordeva... Così Padre Lino infagotta il piccolo e, stringendolo al petto, passa di cancello in cancello, di guardia in guardia. Le strade sono deserte, i piedi scalzi sono trafitti dal gelo. Ma c'è una vita da salvare. Padre Lino sa dove dirigersi: bussa ad una casa di tolleranza: "Se non mi aiutate voi - sorelle - chi farà da madre a questa creatura, stanotte?" Le ragazze accetteranno e sceglieranno - per quella notte - di scaldare e vegliare l'innocente."
Un giorno portò in carcere un bimbo appena nato, nascosto nella tonaca, per accontentare il papà ansioso di vederlo... Non solo cibo, ma un autentico, smisurato amore per la persona, tutta intera, coi suoi bisogni e coi suoi sentimenti.
E quando troverà una partoriente in difficoltà malata di tubercolosi, senza pannolini e il necessario per accogliere la sua creatura, correrà in Convento e lo metterà a sacco e in sacrestia troverà amitti e purificatoi - solitamente usati per il servizio all'altare - che per una volta avvolgeranno una piccola, ma altrettanto sacra, nuova, creatura.
"Un giorno - ricorda Erminia Piccoli - l'ho visto in borgo della Trinità con un fagotto sotto il braccio. - Ma cos'ha Padre? Mi faccia vedere! - Oh, lascia stare, ho fretta, ho premura... - E ho sentito un bimbo che piangeva. Gli ho chiesto, - ma insomma Padre dove andate con quel bambino lì?- Eh, ha fame anche lui, vado a cercare del latte. Ho poi saputo che era andato in Comune e aveva messo il bimbo sul tavolo del Sindaco e gli aveva detto: - Io non posso certo allattarlo. Ci pensi lei!

Ulteriori informazioni su Padre Lino si possono trovare sul sito www.padrelino.it. Chiunque conosca qualche aneddoto sulla vita di Padre Lino è invitato a condividerlo con tutti!

3 commenti:

Pietro ha detto...

Grazie Aurora. :-)

Anonimo ha detto...

...da non dimenticare!
Grazie per avermi fatto conoscere la sua storia...

Anonimo ha detto...

Grazie per aver fatto entrare in un luogo di divertimento anche il pensiero di quanti si adoperano con amore per il prossimo. Ai parmigiani che leggono suggerisco di cercare la poesia in dialetto di Renzo Pezzani che si intitola appunto "Padre Lino": una toccante descrizione colma di affetto e tenerezza.